Domenica scorsa, è stata segnata dalla visita dell’Onorevole Casini e di due Senatori della Repubblica Italiana, Campagna e Pietrangeli; sono momenti importanti per i nostri bambini, un riconoscimento del loro impegno durante il corso dell’anno, un momento di festa, ma quello che ricevono non è nulla rispetto a quello che sono in grado di donare, una lezione di dignità di forza in questi piccoli uomini e donne che grida la loro voglia di speranza, il diritto di poter immaginare il futuro che nessun bambino dovrebbe vedersi negato.
I bambini e le bambine dell’asilo – che hanno mostrato loro una coreografia – e il gruppo di taekwondo, hanno stupito i presenti strappandogli un sorriso sincero denso di ammirazione.
Nella messa solenne pomeridiana Mons. Luis Sako, Patriarca della Chiesa Caldea nel mondo, ha commentato in italiano le parti significative della messa in lingua Aramaica, per rendere omaggio alla illustre presenza italiana.
Se la presenza degli ospiti ha reso la giornata emozionante, al di fuori delle cerimonie c’è, purtroppo, poco da gioire. Intorno a noi, infatti, la tensione non accenna a diminuire, col progredire dei diversi scontri armati intorno alla regione autonoma del Kurdistan.
La notizia della liberazione della città di Falluja, la prima occupata dalle milizie ISIS, è recepita con un certo scetticismo; c’è da capire chi può essere entrato nella città, cosa potrà essere rimasto nelle case non distrutte, quali saranno le possibilità di rientro per centinaia di migliaia di persone che hanno perso tutto in questo ultimo mese, costrette ad abbandonare le proprie case.
Seguiamo lo sviluppo degli attacchi a Mosul, la speranza di liberazione, coincide con il fatto reale e concreto che nel campo di Dibaga ieri si è arrivati a contare oltre 12.000 sfollati su una capienza di 5.000 persone. Un’umanità da proteggere dai 43 gradi all’ombra di un sole cocente, donne e bambini cui distribuire cibo, centinaia di persone in arrivo ogni giorno. Malati e anziani in molti casi sono stati lasciati nelle case semivuote, perché non sarebbero sopravvissuti alla fuga.
A Mosul vivono ancora oltre 1,5 milioni di persone e si prevede che, se si arriva alla città con i mezzi armati e i bombardamenti di copertura, gli sfollati non saranno meno di mezzo milione.
Il nostro lavoro prosegue all’interno del Centro Speranza, che cerchiamo di mantenere come un’oasi di serenità per i bambini e le loro famigli; in questi giorni stiamo preparando i certificati per chi ha trascorso un anno con noi. Continueremo con i corsi di avviamento al lavoro: per le donne lezioni di taglio e creazione di abiti, per gli uomini un’officina in cui imparare il lavoro di saldatura.
Nel grande campo dei 1000 container, diventati recentemente oltre 1100, si sta creando un’area verde tra il grigiore dei container e delle strade, uno spazio a misura d’uomo in un contesto che non concede prospettive a chi non ha risorse, vittima di coloro che spazzano via ogni tentativo di riportare la pace.