IL CONTESTO

IRAQ

Le tragiche esperienze vissute dagli abitanti di tutto il Medio Oriente negli ultimi anni, in particolare in Siria a partire dal 2012 e in Iraq nell’estate del 2014, hanno prodotto un numero significativo di persone costrette a fuggire dalle loro case per spostarsi in altri paesi e aree non ospitali o in assembramenti umani dove, pur non subendo azioni di guerra, le condizioni sono precarie e al limite della sopravvivenza. L’escalation di guerra e violenza in Iraq dovuta all’occupazione da parte delle milizie Isis dei territori abbandonati dall’esercito iracheno, ha indotto la popolazione a rifugiarsi nella zona libera della Regione Autonoma del Kurdistan. Le persone costrette a fuggire, in particolare quelle rifugiatesi nelle località intorno alla città di Erbil, sono totalmente prive di ogni effetto personale.

Le diverse comunità: cristiani, yazidi, turcomanni, sunniti non fondamentalisti, sciiti, stanno mostrando una particolare capacità di resilienza, con dignità e forza morale, pur trovandosi a vivere in condizioni sub-umane. È necessario tenere presente che il Kurdistan viveva già da anni una violenta crisi economica dovuta all’interruzione dell’erogazione degli introiti petroliferi iracheni.

L’ultima rilevazione IOM, aggiornata al 30 giugno 2015, sottolinea un dato importante: 3.087.372 persone pari a 514.582 famiglie, distribuite in 3,038 località in Iraq. Il Governatorato di Erbil ospita 44.388 famiglie, nonostante il blocco degli ingressi alla città.

I recenti attacchi, sia delle milizie Isis che delle forze in difesa della popolazione, hanno provocato nuovi spostamenti di persone verso le aree del Kurdistan e verso il Sud del Paese, rendendo difficili le previsioni circa i dati di nuovi sfollati che cercheranno riparo in aree protette dalla ferocia e brutalità delle milizie Isis. Lo scorso 6 aprile, l’UNHCR ha inviato una richiesta d’intervento da parte delle Organizzazioni Non Governative presenti nel Paese per la costruzione di un nuovo campo profughi a Kirkuk, diventata la seconda città per numero di sfollati ospitati, con un incremento assolutamente drammatico e ascrivibile a circa 350.000 nuovi sfollati.

LA SITUAZIONE DI ERBIL

Intanto, il numero di sfollati presente nel Governatorato di Erbil, che in settembre superava le 195.000 unità, ha fatto registrare un aumento pari a 266.328, come indica il rapporto IOM del 30 giugno scorso. Più della metà sono bambini e giovani di età non superiore ai sedici anni; un terzo sono donne e per il resto anziani e pochissimi uomini adulti.Gli sfollati, che al loro arrivo hanno occupato in modo disorganizzato strutture parrocchiali,  scuole pubbliche ed alcuni edifici abbandonati, sono stati raggruppati in grandi strutture ricettive predisposte all’accoglienza.

Ad oggi le maggiori sono:

  • 550 case del Villaggio di Ozal, a 10 minuti d’auto da Erbil, che ospitano oltre 5.000 persone;
  • il grande insediamento di Ankawa2 con 1.000 containers di 27 metri (3×9), ora assegnati a circa 1200 famiglie che si spostano da alloggi meno accoglienti.

A Erbil l’installazione di mille container è stata ultimata, restano, però, ancora molte famiglie in sistemazioni strutturalmente limitate.

A settembre scorso molte scuole sono state sgomberate per ripristinare il regolare svolgimento delle lezioni. Purtroppo per gli sfollati non ès tata ancora attivata una procedura ufficiale per l’inserimento scolastico. In molte località sono state attivate d’urgenza scuole alternative che però non prevedono l’emissione di documenti validi per la carriera scolastica. La situazione è ancora più drammatica per i ragazzi delle scuole secondarie, per i quali non è stata attivata alcuna forma di istruzione da parte del Ministero di Bagdad. Istruzione che dovrebbe prevedere la promozione di corsi in lingua araba, considerato che gli sfollati parlano il curdo, e le difficoltà linguistiche risultano inconciliabili

Difficoltà ancora maggiore per i cristiani che, pur avendo una scolarizzazione in lingua araba, adottano nel quotidiano la loro lingua, di etimologia aramaica, lontana da ogni possibilità di facile traduzione.

IL QUARTIERE DI ANKAWA

Ankawa è il sobborgo cristiano di Erbil; un grande quartiere nel quale convivono la Chiesa Siriaca e quella Caldea. Grazie alla disponibilità delle diocesi locale sono stati accolti una pluralità di profughi cristiani, yazidi, turcomanni, sunniti non fondamentalisti e sciiti. Il team FOCSIV opera proprio nel Governatorato di Erbil nel quartiere di Ankawa. Centrali per Focsiv sono le attività promosse per e con i bambini ed i giovani. Il campo vede la presenza di molteplice etnie, alle quali, con eguale efficienza e spirito di missione, vengono assicurati ausili ed interventi.

Sono presenti giovani provenienti dalla Piana di Ninive, ovvero appartenenti a comunità cristiane di rito Siro-Antiochiano e Caldeo.

Nel campo sono presenti anche sfollati della comunità Yazidi. Si tratta di popolazioni provenienti dalle montagne a Nord dell’Iraq, di etnia curda, con mentalità e religiosità pacifista. Queste popolazioni, proprio per la loro natura pacifista, hanno subìto un “nuovo moderno genocidio” da parte delle milizie ISIS. La comunità di Kobane invece, proveniente dalla Siria, si è adattata in camere fittizie create lungo la strada esterna ad Erbil. La popolazione ha già ricevuto i primi aiuti e sarà ulteriormente visitata per capire a quali altre necessità sia possibile sopperire.

La popolazione di origine Armena proveniente principalmente da Mosul, ha trovato accoglienza presso il Club creato da quegli Armeni abitanti da tempo a Erbil. Queste famiglie hanno provveduto al sostegno e all’accoglienza degli sfollati, mettendo loro a disposizione le abitazioni private..

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