I giorni passano sotto il sole che non concede scampo e crea una temperatura che nei centri di accoglienza che sono stati allestiti recentemente diventa pesante, umida, intrisa degli odori e rumori di un ambiente sovraffollato, che resta difficile da gestire, nonostante la creazione di scalette di responsabili. Ma la stagione è vista mutare in breve tempo e tra qualche settimana il problema sarà come combattere il freddo.
Le famiglie si sentono sempre più strette in situazioni anguste, che le pone nell’angolo della rispettabilità nei confronti delle comunità locali e le fa sentire costrette e condizionate pesantemente dalla necessità di seguire le regole che la convivenza di così tante persone in piccoli spazi impone.
Seguendo i pomeriggi delle rappresentazioni della Squadra FOCSIV si possono leggere diversi capitoli del quotidiano degli sfollati.
Due sere fa un incontro, durante il tempo della musica che faceva danzare i bambini, mi ha fatto conoscere una insegnante che, oltre all’insegnamento nella scuola superiore, approfondiva la sua cultura universitaria in un corso per comprendere la scrittura e capire le sfumature del codice di Amurrabi.
Questo e altri dettagli mi fanno capire l’intensità della vita precedente di molte persone prima della loro fuga dalla brutalità delle milizie IS. Ora il marito di questa donna é il responsabile della sede degli sfollati che vivono in un grande condominio affittato dalla chiesa locale per gli sfollati da Qarakosh e Bartalla.
La tre bambine figlie della coppia dimostravano una certa insofferenza della loro limitata libertà, infatti la famiglia vive in una camera che contiene dieci persone, come tutte le camere di questo complesso condominiale.
Una seconda signora presente con il marito e la mamma anziana mi spiegava la sofferenza al pensiero di aver lasciato ogni cosa, sapendo che ogni cosa sarà non recuperabile. Mi chiedeva previsioni per il loro ritorno ed é stato difficile confermare che la loro zona é ancora sotto la pressione degli scontri con le milizie Is, che i curdi definiscono “Daish”, e gli occhi della donna si sono inumiditi.
Sono reazioni che si ripetono e talvolta si esprimono con una certa forza soprattutto verso Padre Jalal, quando in diversi, in tempi scaglionati, uno per volta per non essere sentiti dai loro compagni di sventura, gli chiedono di fare qualcosa, di dare speranza per il ritorno, e quando lui si dice impotente il dialogo si ferma brusco, senza lasciare alternative, lasciando però l’amaro in bocca a padre Jalal e alle persone che a lui si rivolgono in questi modi, e a me che assisto alla scena.
E’ un procedere quotidiano che appesantisce il cuore sapendo che eventualmente si potranno fornire alimenti e masserizie di emergenza senza poter dare loro risposte costruttive alle loro richieste di tornare nelle loro case, o di andare via, da altre parti.
Questo stillicidio di sensazioni forti fa meditare sulla pesante responsabilità di chi ha creato questa situazione, ma proprio il tentativo di dare qualche risposta che non sia banale, ma costruttiva, fa sentire la necessità di non perdere l’ardore di poter essere di aiuto ai duecento bambini che in ogni pomeriggio di attività della Squadra FOCSIV trascorrono un pomeriggio di canto, risa, giochi, danze…. E le mamme li seguono, con gli occhi apprensivi all’inizio, che diventano sorridenti nel corso delle musiche e dei momenti di gioco spensierato dei loro figli.
Mi pare che questa sia una buona dose di “Child Protection” chiesto dall’UNICEF a tutti i partecipanti alle operazioni.
Child Protection è un nome tecnico dato ad una semplice azione umana, che riporta il sorriso a persone che altrimenti non hanno proprio alcuna ragione di farselo apparire se non con una “uscita giocosa“ dal quotidiano reale.
E’questo è l’obiettivo che ci proponiamo ricevendo in cambio il sorriso delle centinaia di bambini nel loro pomeriggio musicale ….. !!
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