Oggi, sabato 22 novembre, nella Ankawa Mall manca la luce da ieri sera. La gente da stamattina é disperata, anche l’acqua non arriva più, quella calda quasi mai e non dappertutto, ma neppure quella fredda perché la pompa non funziona. Ci sono due grandi generatori sulla strada, ma non funzionano e non si sa perché.
Ieri, venerdì i servizi tradizionali del trasporto acqua non funzionavano, festa settimanale! Oggi è la nuova pesante disperazione di 380 famiglie, più di 1600 persone di ogni età e in tutte le pessime condizioni ipotizzabili, che vivono come fossero in una torre, a tre piani, nella struttura di cemento grezzo, non finito. La temperatura è sotto i 20 gradi C, il cielo è scuro, piove già da ore, il meteo prevedeva la neve sulle montagne al confine della Turchia e dell’Iran.
Il nostro impegno per far sentire meglio le persone, con un piccolo programma di ricreazione con la musica e i canti dei bambini che rispondono sorridendo, quasi non riesce più, anche solo temporaneamente, a dare una spinta verso la speranza che le cose cambino nel più breve tempo possibile.
E sui fronti della guerra sono scontri brutali, in certi casi all’arma bianca. Si ha notizia di efferatezze anche su anziani capi di tribù arabe sunnite, che non si sono adattati alle imposizioni brutali a cui sono stati sottoposti dalle milizie ISIS. In quelle zone lo scontro si fa cruento. Ogni giorno esecuzioni a freddo, che ormai non fanno più notizia, pare siano vittime del meteo avverso, la vita a prezzo zero.
Per spostare l’attenzione dai fronti sui quali le milizie ISIS stanno perdendo colpi, senza però essere eliminate, le milizie islamiche costruiscono fatti nuovi e l’autobomba di due giorni fa in Erbil, nel centro della città, ne è la prova e le vittime sono l’esca brutale per lo scambio.
Oggi poi é stata lanciata un’altra brutalità mediatica. La preparazione al tagliamento di testa di un altro prigioniero inglese, giovane, e senza colpa se non essere parte di una nemico da eliminare in prime-time per combattere la guerra mediatica moderna.
La gente, nei campi degli sfollati e dei profughi, ovvero le località come la Ankawa Mall e tante altre località che ospitano gente venuta qui per fuggire alla morte, sta regredendo sul piano della resilienza alla tremenda frustrazione che è vivere in queste condizioni.
I servizi comunitari di pulizia dei luoghi comuni, la gestione delle aree adibite a lavaggi e servizi igienici mancano o sono carenti perché non possono essere coperti da azioni volontarie, nessuno é nella forma mentale di mettersi a disposizione. La credibilità non é data più a nessuno, per nessun motivo e se si può si deve afferrare ogni cosa che è in distribuzione perché si sa che gli ultimi arrivati non sono beati …. perché non hanno i primi onesti.
I rapporti tra i bambini si fanno sempre più aggressivi, si cerca di sopraffare. Il più forte deve prevalere. Tra le persone adulte i rapporti stanno diventando sempre più difficili.
Le distribuzioni senza pianificazioni solide e controllate al dettaglio provocano gelosie pesanti per motivi che in altri casi normali sono considerati futili, ma in condizioni di sopravvivenza possono diventare motivi di rissa. Questo perché vivere sapendo di avere una coperta in più quando serve crea un senso di sufficienza. Poter mettere un pacco di roba ammonticchiata sulla pila di materassini che saranno distribuiti sul pavimento per la notte, per fare posto alle 10 persone abitanti dello stallo diviso dal lenzuolo colorato, da il senso del raggiungimento di un obiettivo.
E la notte non é silenziosa. Molti anziani informano che la notte, ad ogni ora fino all’alba, alcuni uomini che possono ancora comprare la birra vanno in escandescenze con urla tipiche del loro stato e rumori di ogni genere.
Se poi il mattino non c’é la luce non importa molto perché nello stallo senza finestre é sempre buio pesto, ma dormire diventa un problema.
Si parla di resilienza come qualità umana che bisogna curare, alimentare, migliorare con azioni e interventi che diano almeno la sensazione che dal nulla che esiste intorno qualcuno può risolvere almeno i problemi più immediati del sopravvivere. Ma senza luce, senza acqua neppure quella fredda, nel buio e nello scuro notte e giorno non é proprio vita.
Cosa fare? Ci si chiede. Certo portare servizi, portare pacchi, portare il gas, far giocare i bambini, ma non basta più. Bisogna tentare qualcosa che dia BAGLIORI DI SPERANZA, una visione che faccia vedere la luce in fondo al tunnel.
Ma come? Ci si chiede, parlando con queste persone, quelle che hanno l’ardore di venire a dirti ogni cosa, anche se non sanno chi sei. La lista si snoda su argomenti che vanno dal cibo, al freddo, al latte, al gas … per finire sempre “quando torniamo ? ” … ancora é così. E ti senti impotente. Vorresti sparire dalla faccia della terra. Ti senti un privilegiato per nessun motivo pratico e non puoi essere buono per tutto quanto serve, ti senti inutile.
Si, ogni giorno questa è la ginnastica mentale da cui devi sempre recuperare il tuo equilibrio e le forze per il giorno dopo, per impostare le cose possibili con la necessaria freddezza della organizzazione degli eventi.
Ma certo puoi comprare i pannolini per i bambini e le mamme, i giacconi per gli uomini, i maglioni, il latte in polvere per gli infanti e i pannoloni per gli adulti anziani o incontinenti, ma come si fa a costruire un minimo di speranza per questa immensa umanità in sofferenza?.
Si presentano specialmente le donne, con le loro facce, dal viso sconsolato, le lacrime trattenute, molte in attesa dell’evento del prossimo nascituro, con tanti bambini intorno, che o sorridono con occhi vispissimi o piangono anche loro … per qualche insoddisfazione che non sarà soddisfatta.
E’ sofferenza condivisa, ma vissuta da posizione privilegiata e se ne sente pesantemente il peso, senza avere risposte costruttive per ricomporre l’autostima in persone che hanno perso il senso, il piacere, dell’essere in pace con tutti.