«Le prime settimane» dice monsignor Bashar Matti Warda, «sono state drammatiche». Siamo in una sala accanto alla cattedrale di Erbil ma la mente dell’arcivescovo viaggia nel tempo: rivede l’agosto del 2014, le 13 mila famiglie cristiane inseguite dall’Isis e approdate ad Erbil in cerca di rifugio, mentre altre 7 mila arrivavano a Dohuk, un centro più a Nord.
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