Cari Amici,
L’aggiornamento odierno sulla situazione delle popolazioni in Iraq si può descrivere come un quadro tragico, che vede centinaia di migliaia di persone devastate, soggiogate, impoverite fino al nulla disponibile e martirizzate con inumane procedure di annientamento delle volontà.
In molti casi questo si traduce con la definitiva eliminazione di un numero ancora imprecisato di vite umane con metodi feroci, sovente utilizzando i bambini resi succubi, fatti diventare portatori diretti di morte.
Si vive il paradosso per cui intervenire socialmente con aiuti quotidiani, con momenti di sollievo, con pomeriggi di ricreazione dei bambini, con la sollecitazione dei giochi per i piccoli degli asili, con proposte di formazione linguistica agli adulti per favorire il loro adattamento nelle località che ospitano, diventa una sofferenza.
Le Istituzioni Internazionali delle Nazioni Unite, che seguono nel complesso il quadro degli aiuti, non possono far altro che emettere comunicati che, sempre di più, aggiungono tragici appelli dietro ai quali stanno sofferenze impensabili a chi non vive da vicino la drammaticità della situazione che viene man mano delineandosi.
Questa dicotomia del quadro di questa infinita emergenza è tale per cui, qualsiasi cosa si può offrire alle famiglie ospitate nei campi ormai consolidati nell’area ancora libera dalla mostruosità di questa “disperata guerra”, fa sentire la pochezza di quanto si può fare, ma resta sempre un granello a favore di chi ha bisogno.
Il linguaggio degli appelli ufficiali deve poter essere il più possibile misurato, ma gli aggettivi che sono usati non lasciano scampo nella descrizione generica, indiretta delle sofferenze che stanno dietro alle condizioni che si descrivono come “carenza di aiuto”.
In realtà vogliono dire morte, disperazione per numeri imprecisati, ma immensi, di persone di ogni età, condizione e ceto sociale.
Pensare poi al possibile strascico di tutto questo in un prossimo futuro diventa improponibile in quanto, ad oggi, non si è mai riversato il trend verso un punto positivo. La linea del terrore, infatti, ha continuato a scendere negli abissi della paura, della sofferenza, dell’incuria umana di dimensioni immani.
Continueremo, per quanto sarà possibile, ogni sforzo per toccare il numero più ampio di persone di ogni età, dando precedenza alle vulnerabilità umane identificate nei bambini, nelle donne, nelle persone in gravi difficoltà perché handicappate o perché sofferenti.
Queste considerazioni sono una reazione immediata alla lettura dell’ultimo appello delle Nazioni Unite “The UN warns that civilians in Fallujah are at extreme risk and need urgent help” che pronuncia l’impossibilità di raggiungere un grande numero di persone che subiscono ogni sorta di sopruso fino alla eliminazione.
E si tratta dell’area Sud dell’Iraq, e non commenta sulle vicende dei soldati che perdono la vita nel lungamente pianificato attacco a Mosul, avviato, ma già impantanato, con gravi carenze nella continuità dell’azione che avrebbe dovuto liberare aree della piana di Ninive, resa arida dai rigori di una presenza immonda.
Terry Dutto